martedì 29 gennaio 2013

Terra di nessuno (1939)

Terra di nessuno
Italia, 1939, b/n, 94' (1h 34')
Regia di Mario Baffico

Visto al Trieste Film Festival al Teatro Miela.

Rinaldo (Umberto Sacripante), dopo diversi anni in cui è stato in America, torna in patria assieme all'amico Pietro Gori (Mario Ferrari). Una sera i due si fermano per riposare ad un crocevia che si scopre essere luogo di passaggio per chiunque voglia arrivare nei villaggi vicini. Pietro e Rinaldo decidono di mettere su un posto di ristoro in quel punto. Pian piano, la zona si popola e sorge un piccolo villaggio. Pietro, in quella terra, ha trovato il suo senso di vita ma Rinaldo è inquieto: vorrebbe tornare al suo paese natale, distante dal nuovo villaggio solo un giorno di cammino, ma per una sorta di attaccamento a Pietro non lo fa mai. I mesi passano, Pietro si sposa con Grazia (Laura Solari) - una giovane e bella ragazza conosciuta proprio la sera in cui lui e l'amico si sono fermati in quel posto - da cui ha una figlia, Bettina (Nelly Corradi). Intanto la famiglia Securo, proprietaria della terra su cui è sorto il villaggio, non vede di buon occhio l'occupazione indebita da parte di Pietro ma ne concedono l'utilizzo dietro pagamento di una tassa "pro forma". Il figlio dei Securo, Rocco (Maurizio D'Ancora), incontra Bettina, si innamora di lei e i due si sposano. Intanto Grazia si ammala e muore. Pietro prova a seppellirla ma la famiglia Securo si oppone fermamente. Neanche l'intercessione di Bettina ha effetto su questa decisione così Pietro e gli altri abitanti del villaggio si rivoltano contro le guardie dei Securo barricandosi nel paese. Ne segue uno scontro che finisce con l'uccisione di Bettina la quale, prima di morire, chiede di essere sepolta nel villaggio assieme a sua mamma. Pietro, sconvolto, sente che il villaggio non è più "suo" perciò fugge di notte senza salutare nessuno, neanche l'amico Rinaldo.

Il film è tratto da due novelle di Luigi Pirandello ed è sceneggiato da Stefano Landi, figlio dello stesso Pirandello - e bisogna dire che l'impostazione letteraria si avverte chiaramente da certi dialoghi. Film abbastanza di maniera che, tutto sommato, si segue bene, eccezion fatta per il finale con la morte di Bettina che risulta un po' troppo artificiosamente melodrammatico.

Nota: il film è stato priotettato come omaggio a Laura Solari, attrice triestina, nel centenario della sua nascita. La proiezione di questo film, inoltre, segna l'avvio del primo progetto in comune della Casa del Cinema di Trieste, inauguando una liaison tra i maggiori festival cinematografici della città. L'omaggio, infatti, parte dal Trieste Film Festival, proseguirà in Maremetraggio e si concluderà a I mille occhi.

domenica 20 gennaio 2013

Il viaggio della Signorina Vila (2012)


Il viaggio della Signorina Vila
Italia, 2012, colore, 60' (1h)
Regia di Elisabetta Sgarbi

Visto al Trieste Film Festival alla Sala Tripcovich.

Il film/documentario presenta Trieste tramite una serie di interviste a importanti personalità della città, quali Claudio Magris, Boris Pahor, Susanna Tamaro, Gillo Dorfles e molti altri, il tutto raccontato dalle voci di Toni Servillo e Lucka Pockaj e con le musiche di Franco Battiato.

Il film vuol essere un omaggio a Trieste, ma è un omaggio confuso e stereotipato. Le immagini sono vecchie, ma non nel senso letterale del termine - è chiaro che sono state girate adesso. E neanche nel senso di vintage o "vecchio stampo" - sarebbe stata comunque una scelta interessante. Parlo di vecchio nel senso proprio di stantio, di un modo di riprendere superato, che non si usa più (per fortuna...). Le immagini sono spesso didascaliche o senza senso - viene mostrato continuamente il tram, con la pioggia e con il sole, senza che ce ne sia una ragione apparente. Per carità, sono indubbiamente immagini suggestive in sé (alcune riprese delle Rive fatte dal mare sono stupende) ma sono immagini da cartolina, e a volte anche di quelle cartoline un po' imbarazzanti che, quando le vedi esposte, ti chiedi chi mai possa comprarle e spedirle (mi riferisco in particolar modo alla scena finale coi ragazzi che corrono e si tuffano in mare). Sono immagini patinate che potrebbe fare chiunque si avvicini a Trieste per la prima volta ma che sono inaccettabili per chi dichiara di voler girare un atto d'amore verso Trieste e di voler cogliere la triestinità.
Nelle interviste gli autori raccontano storie che sono eccessivamente personali - vedi il caso di Magris che racconta del suo rapporto con il mare - oppure sono aneddoti che non hanno né capo né coda - come quello della custode del cimitero che non ha alcun senso proprio perché comincia a metà e non si capisce dove voglia andare a parare - oppure sono stereotipi - come quello della Tamaro che parla della bora. Andiamo, ancora si parla della bora come del «vento che spazza le preoccupazioni dei triestini»? Francamente non se ne può più di Trieste raccontata così: è un modo superato. O ancora Pahor che nella sua intervista parla dell'incendio al Narodni Dom, evento fondamentale per la storia sua personale e per quella di molti sloveni, ma che nel film viene citato senza spiegare neppure cosa fosse (già molti triestini non lo sanno, figurarsi gli altri...), e questo rende del tutto incomprensibile - e quindi inutile - l'aneddoto. E, purtroppo, praticamente ogni intervista ricade in una di queste tipologie, rendendo l'intero film scarsamente interessante.
Infine i temi: si parla ancora di Trieste in termine degli esuli e degli ebrei. Onestamente non se ne può più di Trieste raccontata in questo modo. Ancora la Risiera e ancora Basaglia? Non dico non siano temi importanti, intendiamoci, ma da una regista giovane che vuole mostrare la "vera" Trieste mi aspetto qualcosa di diverso... Inoltre tutti questi racconti sono accatastati in modo generico e confuso: si passa dalla bora, alla questione degli esuli, ai ricordi di un pittore senza che ci sia alcun collegamento tra un argomento e l'altro, senza un filo logico, buttati là a casaccio senza approfondire minimamente. Così, in questo saltabeccare di qua e di là, seguire la trama - ammesso che ce ne sia una - diventa noioso e fastidioso e questo, spiace dirlo, non giova minimamente all'immagine di Trieste. Trieste che meriterebbe ben di più che un mediocre filmetto di questo tipo.