martedì 25 settembre 2012

Addio, Alexandra (1969)

Addio, Alexandra
Italia, 1969, colore, 91' (1h 31')
Regia di Enzo Battaglia

Visto a I mille occhi al cinema Ariston.

Elisabetta (Colette Descombes) è una giovane ragazza, divorziata da Stefano (Glenn Saxson) e con una bimba piccola. Quando la cugina Alexandra (Anna Maria Pierangeli) invita i due a casa sua in Olanda, Elisabetta decide di accettare l'invito. Alexandra non sa che i due sono divorziati, così Elisabetta e Stefano si presentano da lei fingendo di essere ancora sposati. I due, però, cominciano ben presto a litigare per ogni cosa, mettendo più volte in imbarazzo Alexandra. Alla fine Elisabetta confessa alla cugina che i due non si sopportano più ma si desiderano così tanto da vedersi ancora ogni notte per fare sesso. All'ennesimo litigio dei due, Alexandra cerca di appianare le divergenze: cerca di convincere Elisabetta a essere meno gelosa e parla con Stefano il quale però le chiede del suo amore per il marito, Will, e di come lei abbia fatto a restargli fedele per tanti anni.
Una sera Elisabetta, da sbronza, dà a Stefano il permesso di fare l'amore con Alexandra. Allora Stefano ci prova con Alexandra ma quest'ultima, per fedeltà a Will, rifiuta. Elisabetta assiste alla scena ma fa finta di niente. Quella notte Alexandra sogna di fare l'amore con Stefano e di essere scoperta da Will che la lascia. Questo sogno lascia Alexandra molto turbata, tanto che per riaddormentarsi è costretta a prendere del sonnifero.
La mattina dopo Elisabetta sta smaltendo la sbornia, così Alexandra e Stefano escono da soli. Quando un acquazzone li coglie, i due si rifugiano in macchina e fanno sesso, anche se Alexandra è titubante per paura della reazione di Will se dovesse scoprirlo.
Al loro rientro Elisabetta confessa a Stefano di averlo tradito con altri uomini. I due si riconciliano, fanno l'amore e invitano Alexandra ad unirsi a loro in una cosa a tre. Alexandra sulle prime tentenna ma poi accetta. «Terminata la vacanza, Stefano ed Elisabetta si allontanano, apparentemente felici»*.

Un buon film. Sicuramente non esaltante, ma ben costruito. Qua e là, specialmente all'inizio, c'è qualche ingenuità di regia ma, tutto sommato, il film è di buona fattura. Per certi versi e certe tematiche il film ricorda Come, quando, perché ma, rispetto a quello, Addio, Alexandra è inferiore in quanto a inquadrature e sottotesto. Ad ogni modo la costruzione dei personaggi è molto curata e funziona. Particolarmente interessante il dettaglio che il marito di Alexandra, Will, non si veda mai, neppure nel sogno della donna, proprio per sottolineare la centralità dei tre personaggi rispetto a tutto il resto.



* La fine della recensione è tratta da comingsoon.it perché la copia proiettata al Festival era talmente in cattive condizioni che, da un certo punto in poi, il film era impossibile da seguire.

lunedì 24 settembre 2012

Come, quando, perché (1969)


Come, quando, perché
Italia/Francia, 1969, colore, 103' (1h 43')
Regia di Antonio Pietrangeli

Visto a I mille occhi al cinema Ariston.

Il film si apre con una sequenza in cui vediamo un ragazzino, Marco, conoscere per la prima volta i turbamenti d'amore a causa di Elisa, una ragazzina amica di famiglia.
Dopo uno stacco troviamo Marco (Philippe Leroy), divenuto un imprenditore benestante, sposato con Paola (Danièle Gaubert). Alberto (Horst Buchholz), amico di Marco, ci prova con Paola ma lei, fedele al marito, lo rifiuta e, per evitare di incontrarlo di nuovo in città, parte per una vacanza in Sardegna. Marco promette di raggiungere Paola entro un paio di giorni ma ha problemi col lavoro e rimanda la partenza. Andrea approfitta della circostanza e va in Sardegna per stare con Paola, adducendo la scusa di essere in partenza per l'Argentina e che quella è l'ultima occasione per i due di vedersi. Paola, intanto, riceve le insistenti attenzioni di Ingrid (Colette Descombes), un'avvenente turista straniera.
Alberto e Paola si divertono e girano in lungo e in largo l'isola finché, durante una telefonata con Marco, scopre che Alberto non deve affatto partire per l'Argentina. Alberto non nega e Paola, furiosa, decide di tornare a casa a Torino. Prima che possa farlo, però, Paola riceve la visita di Ingrid che le dichiara il suo amore per lei. Paola la respinge e Ingrid ritorna in patria.
Paola rimane talmente scossa dalle parole di Ingrid che rimanda la partenza e si chiude per un giorno intero in camera sua. La sera sera Alberto la chiama per dirle che l'indomani partirà veramente per l'Argentina e che non la cercherà più. Paola allora va da lui, i due finiscono a letto e diventano, di fatto, amanti. Paola è innamorata di Marco ma è solo con Alberto che ha ottenuto le soddisfazioni sessuali che con Marco non ha mai avuto.
Paola torna a Torino e lo stesso giorno Marco parte per Londra con un aereo privato. La sera Marco dovrebbe tornare ma la forte nebbia impedisce agli aerei di atterrare. Preoccupata per la vita del marito, Paola si dà da fare per avere sue notizie ma Marco è già a casa che la aspetta essendo atterrato a Genova. Paola, che si era tanto preoccupata, ha un crollo di nervi ma Marco la rincuora.
Marco e Paola, per cambiare aria e per stare un po' assieme, decidono di andare nella casa in campagna per qualche giorno ma Alberto, a sorpresa, li raggiunge. L'uomo, però, ben presto si pente dell'azione perché è ovvio che Paola deve - e vuole! - stare con il marito.
Pochi giorni dopo Marco rivela involontariamente a Paola che Alberto deve partire per tornare in Argentina, questa volta sul serio. Alberto conferma e, geloso di Marco, dice che in fondo è meglio così. Paola, dopo la partenza di Alberto, cade in una specie di depressione mista a malinconia per i giorni passati con l'amante.
Un giorno Paola viene importunata in un cinema e, disperata, si rifugia nella casa di campagna. Il giorno dopo Marco la trova. Lei inizialmente si mette a piangere e addossa a Marco tutta la colpa della sua infelicità. Poi, però, i due fanno l'amore appassionatamente, probabilmente come non l'hanno mai fatto.

Ultimo film diretto da Pietrangeli e alla sua morte, avvenuta praticamente alla fine delle riprese, sostituito da Vittorio Zurlini.
Ottimo film. Bellissima in particolar modo la cura dei particolari e delle atmosfere. L'attenzione delle inquadrature, il gioco di squardi, l'uso sapiente degli specchi rendono il film estremamente poetico. È stato molto bravo Pietrangeli a dire molto di più con i sottintesi, con gli sguardi e con gli atteggiamenti rispetto che con le battute di dialogo vero e proprio. Effettivamente ricorda per molti aspetti il Cinema di Zurlini, ma la precisione e la sapienza di Pietrangeli, a mio avviso, sono ad un livello superiore rispetto a buona parte dei lavori di Zurlini.
L'unica parte poco chiara del film è la sequenza di Marco bambino. Non solo Elisa non ricompare nella storia, ma non è neppure chiaro come l'incontro tra i due ragazzi potrebbe o dovrebbe aver influenzato la vita del Marco adulto.

giovedì 13 settembre 2012

I mille occhi 2012


Domani inizia l'undicesima edizione del Festival I mille occhi al cinema Ariston di Trieste.
Questa edizione, che porta il sottotitolo Lettera da una sconosciuta, è dedicato in particolare a due filoni: un omaggio a Valerio Zurlini in occasione dei trent'anni della sua morte e un omaggio a Lia Franca, attrice triestina degli Anni '30, con la proiezione di tutti i film e i corti ha cui ha preso parte nella sua breve avventura cinematografica.
Io seguirò il Festival in tutti i sette giorni, guardando più film possibili e rendendone conto sulle pagine di questo blog.

mercoledì 5 settembre 2012

Outrage (2010)


Outrage
Autoreiji (アウトレイジ), Jap, 2010, colore, 109' (1h 49')
Regia di Takeshi Kitano

Visto su Rai 3 all'interno di Fuori orario.

Il film racconta della lotta tra clan della Yakuza per ottenere il potere e per poter gestire il traffico di droga a Kantō, la regione che comprende anche Tokyo. Il capo supremo, Mr Chairman (Sôichirô Kitamura), vuole sostituire il clan di Murase (Renji Ishibashi) con quello di Ikemoto (Jun Kunimura), ma Ikemoto e Murase sono fratelli di sangue. Così tocca a Ôtomo (Takeshi Kitano), un membro di lungo corso della Yakuza ancora relegato ad un ruolo secondario all'interno della famiglia e che vive male la presenza di membri giovani che non condividono i valori in cui crede, risolvere la questione. Ôtomo riesce a estromettere Murase dagli affari mentre Ikemoto, sicuro della nuova posizione ottenuta, si perde nel gioco d'azzardo, creando ulteriori tensioni tra le famiglie. Mr Chairman allora chiede a Ôtomo di eliminare Ikemoto, dietro la promessa di un avanzamento di grado. Questo porta ad un'escalation di vendette e ripicche per cui tutti gli uomini di Ôtomo vengono sterminati e Ôtomo stesso è arrestato dal poliziotto corrotto Kataoka (Fumiyo Kohinata). Sicuro di prendere il posto del suo capo Ikemoto, Osawa (Tetta Sugimoto) tenta di stringere un accordo con Mr Chairman ma viene ucciso da Katô (Tomokazu Miura) il quale fa fuori anche Mr Chairman diventando così capo della Yakuza. Nel frattempo Ôtomo in carcere viene pugnalato da uno dei detenuti e dichiarato morto.

Il film è un classico Yakuza movie, con una solida regia e ben girato. Un ottimo intreccio narrativo, coerente e perfetto per un film del genere. Le uccisioni si susseguono con un buon ritmo e appaiono credibili, naturalmente sempre per un film "Yakuza style". E allora, qual è il problema? Uno solo, ma grossissimo: la quantità di volti e nomi diversi rende difficilissimo seguire la storia. I membri delle varie famiglie si confondono e capire esattamente chi stia vendicando chi uccidendo chi è davvero arduo. Così il film perde forza, si sgonfia e diventa noioso. Si trasforma in una serie di uccisioni, più o meno cruente, completamente avulse dal contesto. Inoltre c'è da dire che spesso si assiste ad un'inutile spettacolarizzazione dei delitti. Uno su tutti: qual è il senso dell'omicidio con la corda? Non ha causato gravi sofferenze alla vittima e non aveva una valenza simbolica. E allora? Esclusivamente per evitare un'altra uccisione con la pistola?
Comunque, a parte quest'ultima cosa, il film è abbastanza anonimo. Si lascia guardare (pur con le difficoltà espresse prima) ma conquista poco: mancano le innovazioni, la spettacolarità e la freschezza che Kitano ha dimostrato in altre pellicole di avere. Onestamente mi sentirei di consigliarlo solo ad un pubblico di veri appassionati del genere.