venerdì 3 gennaio 2014

Il Mundial dimenticato (2011)


Il Mundial dimenticato
Italia/Argentina, 2011, b/n & colore, 95' (1h 35')
Regia di Lorenzo Garzella e Filippo Macelloni

Visto ieri su Rai Replay.

In Patagonia viene ritrovato un cadavere avvinghiato a una macchina da presa. Il corpo - o, meglio, le ossa - sono quelle di Guillermo Sandrini, operatore del Campionato Mondiale di Calcio tenutosi nel 1942 nella Patagonia Argentina. Viene così ricostruita la storia di questo "Mundial" di cui ancora oggi si sa pochissimo.
Tutto inizia quando il Conte Otz, Ministro dello Sport del Regno di Patagonia di allora, contatta la FIFA e Jules Rimet perché desidera organizzare il Mondiale del 1942 proprio in Patagonia, credendo che ciò possa essere un valido deterrente contro la guerra.
Al Mondiale partecipano 12 squadre e si inizia l'8 novembre 1942 con la partita Italia (detentrice del titolo e della Coppa Rimet) contro Real Patagonia. Le altre squadre sono: Brasile, Francia, Germania, Inghilterra, Mapuche (indiani originari della Patagonia), Polonia, Scozia, Spagna, Unione Sovietica e Uruguay.
La prima semifinale, Italia-Germania, è vinta dalla Germania per 4 a 3. L'altra semifinale è Mapuche-Inghilterra, finita 2-1 con l'uso, per la prima volta nella storia del calcio, della "moviola in campo".
Il 19 dicembre 1942 si gioca la finale. Arrivati all'1-1, un violento temporale si abbatte sulla regione e la diga si rompe, allagando tutto. Un'alluvione che sommerge interamente lo stadio - tutt'oggi ancora sotto il livello dell'acqua - e uccide Sandrini che non vuole separarsi dalla sua cinepresa.
Nessuno ha mai saputo come andò a finire quella partita finché non viene sviluppata la pellicola trovata tra le mani di Sandrini. Il filmato rivela che la vittoria fu dei Mapuche e che la Coppa Rimet venne rubata dall'arbitro William Brad Cassidy, figlio del più famoso bandito Butch Cassidy.

Il mockumentary, perché di questo si tratta, è molto bello, anche se con poco sforzo in più e un po' di maggior cura su certi particolari poteva diventare un vero capolavoro. Intendiamoci: la storia è molto ben costruita, anche se la parte che riguarda Helena Otz è un po' vaga e finisce per essere poco interessante, ma soprattutto sono i documenti ad essere perfetti. L'album di figurine è magistrale e El tango de Helena Otz è a dir poco sublime. In realtà è quasi tutto davvero stupefacente per fedeltà, plausibilità ed esattezza storica. Dico "quasi" perché purtroppo ci sono un paio di cadute di tono, quelle a cui si accennava qualche riga fa, che strappano lo spettatore dalla magia della ricostruzione e gli rivelano la falsità di quello che sta vedendo. E quello che più fa rabbia è che davvero bastava poco per evitare queste imperfezioni e ottenere un lavoro perfetto sotto ogni punto di vista. Mi riferisco in particolare alla voce e al testo di un falso cinegiornale dell'epoca, che suonano troppo finti per essere credibili, e al "lorem ipsum" che si legge distintamente nel testo che correda il catalogo che viene mostrato a metà film. Questi due pugni nello stomaco riportano lo spettatore alla realtà e purtroppo rimangono vistosi nei su un prodotto che altrimenti sarebbe meraviglioso.
Ad ogni modo il finto documentario risulta estremamente gradevole, grazie anche a degli attori straordinari e delle guest star del mondo del calcio (tra cui Roberto Baggio) che riescono a rendere credibile e godibile il tutto. Un mockumentary gustoso, che non punta solo a divertire ma riesce anche a ironizzare con sottile intelligenza sul mondo del calcio, sulla società di allora e - perché no? - su quella di oggi. Un film che merita la visione e che forse, per il fatto di essere un documentario e per di più finto, non ha avuto quel gran richiamo di pubblico e quella notorietà che invece meriterebbe.