giovedì 8 settembre 2011

Sacro e profano (2008)


Sacro e profano
Filth and Wisdom, UK, 2008, colore, 81' (1h 21')
Regia di Madonna

Visto stanotte su Rai Movie.

Andreij (o A.K. come a lui piace essere chiamato) è la voce narrante del film. A.K. (Eugene Hütz) è un cantante che, per guadagnare i soldi che gli servono per fare i concerti, rende reali le fantasie sadomaso dei suoi clienti. Durante la giornata aiuta Christopher Flynn (Richard E. Grant), un professore cieco, ex scrittore, che ha smesso di scrivere una volta persa la vista. A.K. ammira molto le poesie di Christopher, tanto che le usa come ispirazione per i testi delle sue canzoni. A.K. vive con due ragazze: Juliette (Vicky McClure), una farmacista che ruba le medicine al suo capo, Sardeep (Inder Manocha), un indiano vessato dalla moglie e dai numerosi figli, che è segretamente innamorato di lei e Holly (Holly Weston), ballerina di danza classica da 16 anni, senza lavoro fisso. Holly, su consiglio di A.K., si mette a fare la ballerina di lap dance, anche se gli inizi sono duri e la ragazza si vergogna molto di dover esibire il suo corpo per denaro. Mentre è a cena con Holly, il professor Flynn incontra un vecchio "amico" che lo prende pesantemente in giro e questo causa a Christopher un tale rifiuto della sua condizione che lo porta a chiudersi ancor più in sé stesso. Quando Sardeep scopre che Juliette ruba nel negozio, ne segue un furioso litigio e la ragazza si licenzia dicendo di voler andare in Africa ad aiutare i bambini che muoiono di fame. Per farsi perdonare della sfuriata, Sardeep trova un lavoro a Juliette come crocerossina in Africa e le paga anche il biglietto d'aereo. Nel frattempo Holly, con il costume da scolaretta con cui aiuta A.K. nel lavoro di masochista, finalmente si sblocca nel lavoro di lap dancer cominciando a guadagnare un sacco grazie alle mance. A.K. trova finalmente un ingaggio e Christopher, ascoltando le sue poesie musicate da A.K., riconosce la forza delle sue parole e decide di riprendere a scrivere, grazie anche ad una macchina per scrivere in braille. Juliette parte per l'Africa, Sardeep si riconcilia con la moglie e A.K. e Holly iniziano una storia d'amore assieme.

Il film di esordio di Madonna è indubbiamente sopra le righe. Il folkloristico protagonista, cantante dei Gogol Bordello (e meravigliosamente doppiato da Massimiliano Cutrera), parla direttamente con lo spettatore, sparando massime e dicendo la sua, spesso politicamente scorretta, sul mondo. Un film forte, che scorre bene, con personaggi ben caratterizzati. Sacro e profano è un film originale e ben girato, specialmente per essere un'opera prima. È indubbiamente un film particolare, che incuriosisce ma che non conquista, probabilmente anche a causa del finale buonista che fa un po' a pugni con lo stile rude della pellicola e con la filosofia del protagonista.

martedì 6 settembre 2011

Nuovo Cinema Paradiso (1988)


Nuovo Cinema Paradiso
Italia/Francia, 1988, colore, 173' (2h 53') (director's cut)
Regia di Giuseppe Tornatore

Visto ieri su Rai 3.

Salvatore Di Vita (Jacques Perrin), regista di successo, riceve una telefonata da Giancaldo, il paese natio lasciato trent'anni prima, nella quale la madre lo informa della morte di Alfredo (Philippe Noiret). Salvatore inizia così a ricordare la sua infanzia al paese e di quando da bambino (Salvatore Cascio) si intrufolava in cabina di proiezione per carpire i segreti del lavoro di Alfredo, il proiezionista del villaggio al Cinema Paradiso. Nonostante la madre (Antonella Attili) disapprovi la passione di Salvatore per il cinema (all'epoca le pellicole prendevano fuoco facilmente e il lavoro era delicato e pericoloso) ed anche Alfredo tenti di dissuadere il ragazzino dall'intraprendere il suo stesso lavoro, a Salvatore il cinema piace e continua a frequentarlo. Quando Alfredo, per superare gli esami elementari, chiederà a Salvatore di farlo copiare, questi aiuterà l'amico dietro la promessa di insegnargli il lavoro di proiezionista. Nel frattempo varia umanità affolla il cinema: l'analfabeta Ignazino (Leo Gullotta) che fa la maschera, padre Adelfio (Leopoldo Trieste) che visiona le pellicole in anteprima facendo togliere tutte le scene di bacio, quello che dalla galleria sputa sempre sugli spettatori della platea, quello che regolarmente si addormenta e quello che sa già il film a memoria, anticipandone le battute. Una sera la pellicola si brucia e l'intera cabina di proiezione prende fuoco. Salvatore, nonostante sia solo un bambino, trarrà in salvo Alfredo sottraendolo dalle fiamme. Nell'incidente Alfredo perde la vista e così Salvatore, unico in paese a saper far funzionare il proiettore, diventerà il nuovo proiezionista nel Nuovo Cinema Paradiso, ricostruito grazie alla generosità di Spaccafico (Enzo Cannavale), un napoletano che poco tempo prima aveva vinto un'enorme somma alla Sisal. Nonostante la sua cecità, Alfredo continua a frequentare la sala di proiezione anche quando Salvatore diventa un giovanotto (Marco Leonardi), facendogli compagnia e dandogli consigli di vita. Salvatore, nel frattempo dimostra enorme spirito di iniziativa, come quando esce il film Catene che Salvatore riesce a proiettare in due cinema diversi facendo portare l'unica pellicola concessa dal distributore da uno all'altro tra il primo e il secondo tempo. Ad un certo punto Salvatore conosce Elena (Agnese Nano) e se ne innamora. La storia tra i due, fortemente osteggiata dal padre di lei, prosegue ugualmente finché a Salvatore arriva la cartolina precetto. Come orfano di guerra (il padre è morto nella Campagna di Russia) Salvatore non dovrebbe partire militare ma, per un disguido burocratico, il ragazzo è costretto a fare più di un anno di naia. Nel frattempo il padre di Elena viene trasferito e Salvatore della ragazza non ne sa più niente. Quando Salvatore torna a Giancaldo trova un amareggiato Alfredo che gli consiglia di andarsene, di tornare a Roma e di non ritornare mai più in paese. Cosa che Salvatore farà finché non riceverà la notizia della morte dell'amico, quella stessa che ha aperto il film. Al paese Salvatore ritrova l'anziana madre (Pupella Maggio), Ignazino, Spaccafico e soprattutto il cinema chiuso da sei anni per mancanza di pubblico (dopo che, come si evincerà da una locandina, è stato trasformato anche in cinema porno). Salvatore e sua madre finalmente riusciranno a parlarsi come non sono mai riusciti a fare. Salvatore riuscirà a vedere anche Elena, ormai cresciuta (Brigitte Fossey), che nel frattempo è tornata al paese e si è sposata con uno degli amici di infanzia di Salvatore. Sarà Elena a rivelargli che è stato proprio Alfredo a consigliarla di non cercare più Salvatore perché destinato a fare grandi cose nella vita. Elena, nel lasciare Giancaldo, aveva lasciato comunque un biglietto a Salvatore, biglietto che però Salvatore non vide all'epoca ma che ritrova mettendo sottosopra la sala di proiezione del cinema ormai chiuso. Salvatore cerca di riavvicinarsi a Elena ma lei gli risponde che per i due non c'è un futuro ma solo un passato che non può tornare. Il vecchio cinema viene abbattuto sotto gli sguardi commossi di Spaccafico e dell'intera cittadina. Salvatore torna a Roma con una pellicola che Alfredo gli ha lasciato e, quando la fa proiettare, scopre che dentro ci sono tutti i baci che padre Adelfio gli aveva fatto tagliare.

Un meraviglioso film sul cinema. Di quando il cinema era un rito collettivo, un modo di riunire il paese davanti ad uno schermo che proietta illusioni. Un film sul tempo che passa, inclemente. Nuovo Cinema Paradiso è un romantico atto d'amore nei confronti del cinema di sempre. Un ricordo affettuoso di qualcosa che già allora (e oggi, a 23 anni di distanza, ancora di più) stava cedendo il passo alla televisione. Girato magistralmente e ancor meglio recitato (le scene con Philippe Noiret e Salvatore Cascio sono spettacolari), il film scorre liscio e non stufa mai neanche nella versione "director’s cut" che è di 18 minuti più lunga di quella presentata al Festival di Cannes (dove vinse, nel 1989, il Grand Prix Speciale della Giuria) e di ben 49 minuti più lunga della "Versione Internazionale". Il film si aggiudicò, più che meritatamente, l’Oscar come miglior film straniero nel 1990.

domenica 4 settembre 2011

Sognando Beckham (2002)


Sognando Beckham
Bend It Like Beckham, Germania/UK/USA, 2002, colore, 112' (1h 52')
Regia di Gurinder Chadha

Visto ieri su Rai Movie.

Jess (Parminder Nagra) è una ragazza indiana che vive a Londra ed ha una passione fortissima per David Beckham. Fanatica di calcio, Jess gioca più che discretamente con gli amici al parco, tra cui Tony (Ameet Chana), un ragazzo indiano molto amico della ragazza. Quando Jules (Keira Knightley), una ragazza inglese, nota le abilità di Jess, le offre la possibilità di giocare in una squadra allenata dal giovane Joe (Jonathan Rhys-Meyers). I genitori di Jess, però, sono tradizionalisti e vorrebbero che la figlia continuasse a studiare, si trovasse un marito e si sposasse, come sta facendo la sorella Pinky (Archie Panjabi). Grazie a numerosi sotterfugi Jess riesce a giocare quasi tutte le partite finché in una trasferta in Germania Jules scopre l'amica in teneri atteggiamenti con Joe e, colta da gelosia, litiga con l'amica. I rapporti tra Jeff e Jules si riappianeranno in breve tempo ma i genitori continueranno ad osteggiare la passione della figlia. Nonostante la finale del torneo cada proprio lo stesso giorno del matrimonio di Pinky, il padre di Jess (Anupam Kher) permette alla figlia di giocare e, grazie ad un gol della ragazza, la squadra conquista la vittoria. Un osservatore americano presente alla finale offre a Jess e a Jules una borsa di studio negli Stati Uniti per permettere loro di diventare calciatrici professioniste. Jess, grazie anche all'aiuto di Tony, che nel frattempo ha rivelato alla ragazza di essere omosessuale, riesce a convincere i genitori a lasciarla andare. All'aeroporto Jess e Joe si dichiarano il loro amore e le due ragazze partono per l'avventura americana.

Esile teen-comedy inglese in salsa Bollywood, il film ha sbancato i botteghini diventando in breve tempo una pellicola di culto. Onestamente trovo difficile capire le ragioni di questo enorme successo. La storia parla di amicizia, di emancipazione religiosa e, blandamente, anche sessuale, dei valori della famiglia ma anche di credere nei propri sogni. Però sono tutte cose già viste e raccontate, forse persino meglio, in molti altri film. Sognando Beckham scorre molto bene – a parte qualche momento nella parte centrale in cui le fasi "bugia ai genitori / partita / rientro a casa dopo essere stata scoperta" diventano un po' troppo ripetitive – è recitato bene, con una regia anonima ma non sciatta, ma a cui forse sono stati attribuiti meriti che obiettivamente non ha.

sabato 3 settembre 2011

La macchia umana (2003)


La macchia umana
The Human Stain, USA, 2003, colore, 106' (1h 46')
Regia di Robert Benton

Visto ieri su Rai Movie.

Il professor Coleman Silk (Anthony Hopkins) viene cacciato dalla scuola in cui insegna da anni per aver involontariamente chiamato "zulù" due neri. La moglie non regge al trauma e muore di infarto tra le sue braccia. Qualche anno dopo Coleman si presenta da Nathan Zuckerman (Gary Sinise), giovane scrittore che si è volontariamente isolato dal mondo, per chiedergli di scrivere le sue memorie. Nathan accetta e Coleman gli racconta la sua vita. Nel frattempo l'ex professore conosce Faunia (Nicole Kidman), un'incolta addetta alle pulizie dal passato burrascoso e dall'infanzia piena di abusi e vessazioni e se ne innamora, nonostante lei sia molto più giovane di lui. Faunia contraccambia questa passione e i due finiscono più volte a letto assieme finché non ricompare Lester (Ed Harris), l'ex marito della donna. Lester, reduce del Vietnam e con chiari problemi psicologici, non tollera la relazione tra Coleman e Faunia e cerca di ostacolarla in tutti i modi. Tale relazione è molto chiacchierata anche in città: lettere anonime gettano fango su Coleman e anche Nathan cerca di far desistere lo stesso Coleman dal continuare la sua folle storia d'amore.
Alla narrazione del presente si allacciano i ricordi del giovane Coleman (Wentworth Miller), ricordi dei problemi di essere figlio di due genitori di colore, dei suoi sforzi fortemente osteggiati dal padre per diventare un pugile professionista, della tragica morte del padre durante il suo lavoro di cameriere sui treni, del dover decidere di dichiararsi "bianco" per il resto della vita per sfuggire ai pregiudizi razziali ma per questa scelta dover rinunciare a vedere la famiglia, al non poter mai fare un figlio per paura che il segreto venga svelato e al non potersi salvare dall'accusa di razzismo semplicemente rivelando le sue origini.
Alla fine Lester riuscirà ad uccidere Coleman e Faunia mandandoli fuori strada con la macchina. Al discorso funebre i professori che votarono per far cacciare Coleman dalla scuola si pentono, ormai troppo in ritardo, per non avere aiutato quando avrebbero potuto un amico in difficoltà mentre la sorella di Coleman rivela a Nathan l'intera storia di suo fratello.

Film complesso e articolato, difficile da cogliere nel profondo alla prima visione. Il professor Silk è un uomo che ha dovuto mentire per tutta la vita, un uomo che ha dovuto rinunciare alla famiglia per poter vivere una vita da bianco che se da un lato gli ha dato maggiore libertà nel rapporto con la società, dall'altro gli ha costruito una gabbia che lo ha privato di ogni legame affettivo escluso quello della moglie (alla quale, comunque, non ha mai rivelato il suo segreto). La macchia umana è un film lento, benché non sia mai noioso, con una regia abbastanza anonima. Il film si concentra un po' troppo – e un po' troppo morbosamente – sull'amore fisico dei due protagonisti, trascurando altri particolari che potenzialmente potevano essere altrettanto interessanti, come il rapporto con Nathan – talmente sottile nel film che viene da domandarsi se meritava davvero citare –, il rapporto di Coleman con la famiglia o l'effettivo livello di "ignoranza" di Faunia – che nel film non traspare quasi per niente, se non in un breve monologo un po' troppo fine a sé stesso. Buona la prova dei singoli attori anche se manca leggermente l'amalgama tra loro. Ognuno recita perfettamente la sua parte ma interagisce poco con gli altri personaggi – a parte forse, e comunque non sempre, i due protagonisti –, colpa più che altro di una sceneggiatura non all'altezza dei nomi degli attori in gioco.

Casablanca, Casablanca (1985)


Casablanca, Casablanca
Italia, 1985, colore, 109' (1h 39')
Regia di Francesco Nuti

Visto ieri su Rai 3.

Seguito di Io, Chiara e lo Scuro. Francesco (Francesco Nuti) e Chiara (Giuliana De Sio) stanno ancora assieme ma Francesco ha lasciato il biliardo e si è messo a fare il cameriere girando di città in città mentre Chiara cerca di sfondare con il sax. Un giorno un ricco e giovane agente, Daniel (Daniel Olbrychski), offre a Chiara un prestigioso lavoro su una nave da crociera, suscitando la gelosia di Francesco. Chiara parte e Francesco accetta la proposta del Merlo (Novello Novelli) di partecipare ad un torneo di biliardo a Casablanca. Mentre il torneo si svolge e Francesco batte avversario dopo avversario, la nave su cui Chiara sta lavorando fa scalo proprio a Casablanca e i due si incontrano casualmente in un locale che ricorda molto il Rick's Café Américain del film Casablanca. Chiara vuole riavvicinarsi a Francesco ma lui inizialmente la snobba finendo però poi per cedere alle insistenze di Chiara finché i due si riappacificano. I due terminano la serata facendo l'amore nel deserto ma, a causa di un intoppo con la macchina, Francesco arriva tardi alla semifinale e la perde. Però lo Scuro (Marcello Lotti), che ha accesso diretto alla finale come "testa di serie", gli cede il suo posto. Francesco si scontra con Domingo Acanfora e vince la partita grazie ad un'ottavina reale. All'ultimo colpo assiste anche Chiara, così i due si rimettono assieme e cominciano a progettare il loro futuro assieme. Già sul taxi per l'aeroporto, però, sorgono i primi problemi (gli impegni dei due sono così inconciliabili che finirebbero per stare assieme pochissimi giorni all'anno). All’aeroporto, dunque, Francesco lascia partire Chiara da sola (in un'altra scena-fotocopia della scena finale di Casablanca) e torna a bere da solo al Rick's Bar. Ben presto, però, Chiara lo raggiunge accettando la proposta di Francesco di restare a Casablanca per il resto della loro vita.

Prima regia di Francesco Nuti che deve molto sia al Maurizio Ponzi di Io, Chiara e lo Scuro, di cui questo film sembra quasi la fotocopia, sia al Michael Curtiz di Casablanca, a cui questo film si ispira forse un po' troppo. Il film nel complesso è godibile ma forse qua e là pecca eccessivamente di faciloneria (ad esempio quando lo Scuro gli cede il posto alla finale o nella ricerca dell'introvabile Rick's Bar sotto finale). Casablanca, Casablanca è molto smielato, comico quanto basta (carina la macchietta del portiere dell’albergo) e un po' troppo Nuti-centrico. Sembra, infatti, che il protagonista non sia Francesco Piccioli ma Francesco Nuti stesso, con le sue manie, i suoi tic, le sue fobie e soprattutto il suo pensiero. In certi momenti è come se Nuti prendesse il sopravvento su Piccioli e prendesse decisioni al posto suo, e questo spiazza non poco lo spettatore. Un film trasognato più che romantico, un film che non è affatto brutto ma che in più di un punto perde la direzione e non fa capire quale strada si stia seguendo.

mercoledì 26 gennaio 2011

Mission: Impossible II (2000)


Mission: Impossible II
Mission: Impossible II, Germania/USA, 2000, colore, 123' (2h 3')
Regia di John Woo

Visto ieri sera su Rete 4.

Il dottor Vladimir Nekhorvich (Rade Serbedzija) è un biologo che ha creato in laboratorio Chimera, un virus potentissimo. Per poterlo trasportare meglio, il dottor Nekhorvich si inietta il virus ma deve assumere Bellerofonte, l'antidoto, prima di 20 ore dal contagio. Al fine di evitare imprevisti, il dottor Nekhorvich decide di affidarsi a Ethan Hunt (Tom Cruise), agente dell'IMF, Impossible Mission Force. Durante il viaggio, però, Ethan Hunt si rivela essere in realtà Sean Ambrose (Dougray Scott), un altro agente dell'IMF, con addosso una maschera in lattice che riproduce perfettamente i connotati di Hunt. Ambrose ruba virus e antidoto e lascia l'aereo prima di farlo schiantare contro una montagna. Ad Hunt, quello vero, viene chiesto di occuparsi del caso. Per farlo recluta il pilota di elicottero Billy Baird (John Polson) e l'esperto di sistemi informatici Luther Stickell (Ving Rhames), due vecchi compagni di squadra, e Nyah Nordoff-Hall (Thandie Newton), una ladra il cui unico merito apparente sembra sia quello di essere l'ex-amante di Ambrose. Seppur riluttante, Nyah accetta di rimettersi con Ambrose in modo da poter conoscere i suoi piani.
Hunt riesce a distruggere tutte le fiale del virus tranne una, ma quando Ambrose scopre il doppio gioco di Nyah, l'unica possibilità che la ragazza ha per salvarsi è proprio iniettarsi quella fiala di virus. Così Ambrose è costretto a lasciare Nyah in vita, mentre Hunt ha solo 20 ore di tempo per trovare l'antidoto e iniettarlo alla collega. Dopo varie peripezie, Hunt riesce nel suo intento: sconfigge Ambrose e salva Nyah un attimo prima che lei si getti da una scogliera per evitare di contagiare altre persone con il virus.

Il film, come sempre più spesso accade, non ha nulla a che fare con il telefilm, se non il «questo messaggio si autodistruggerà tra cinque secondi» e le maschere in lattice (ma non già i modulatori di voce, totalmente assenti nella serie TV). L'idea è che sarebbe bastato cambiare titolo e nomi e nessuno avrebbe mai collegato il film alla serie. Tanto più che nel telefilm ogni personaggio ha il suo ruolo ben determinato all'interno della squadra, mentre qui abbiamo una ladra il cui unico scopo è quello di infiltrarsi in casa dell'ex, un blando esperto di computer e un quarto uomo con una parte talmente marginale che quasi si poteva tagliare.
È chiaro che il film ha un solo intento: far fare a Tom Cruise la parte del figo. E per ottenere questo risultato vengono create ad arte situazioni inverosimili in cui il nostro esce da eroe. Emblematica è la scena in cui Hunt cerca di reclutare Nyah: anziché chiederlo e basta, come farebbe chiunque, Hunt la segue, la precede nella stanza del furto, le insegna il "mestiere", le evita l'arresto, ingaggia un folle (nel senso negativo del termine) inseguimento d'auto in cui poi lui salva lei da morte certa (peccato che sia stata lui a provocare l'incidente...) in una sequenza che va contro ogni legge della fisica. E così sono passati 20 minuti di film. Gli altri 100 sono altrettanto inutili e inverosimili.

giovedì 20 gennaio 2011

Hereafter (2010)


Hereafter
Hereafter, USA, 2010, colore, 129' (2h 9')
Regia di Clint Eastwood

Visto ieri al Giotto di Trieste.

Marie LeLay (Cécile De France) è una giornalista francese che, sopravvissuta ad uno spaventoso tsunami, ritorna in patria cercando invano di riprendere la routine di ogni giorno. Quando capisce di non poterlo fare, si prende un periodo di pausa dal lavoro per scrivere un libro nel quale raccontare l'esperienza che ha vissuto e, soprattutto, per indagare in merito alla visione che ha avuto nei minuti in cui è rimasta priva di sensi (in uno stato di pre-morte) durante la catastrofe naturale. Marie trova con fatica un editore americano disposto a pubblicare il libro e, una volta stampato, la casa editrice la invita a presentarlo pubblicamente a Londra.
Marcus e Jason (Frankie e George McLaren) sono due bambini londinesi che abitano con la mamma tossicodipendente (benché sulla via della disintossicazione). Mentre Jason è in città a fare una commissione, viene investito da una macchina e muore. Il fratello Marcus, più introverso e taciturno del gemello, non riesce a farsene una ragione e si chiude ancora di più in sé stesso. Quando i servizi sociali impongono alla madre di Marcus di disintossicarsi, pena la revoca dell'affidamento del bambino, il piccolo Marcus si ritrova temporaneamente ospitato da una affabile coppia abituata a prendersi cura di ragazzi orfani o con problemi. Marcus si rivolge a numerosi sensitivi (tutti volgari ciarlatani), nel tentativo di comunicare col fratello morto, finché girando per Internet non si imbatte nella foto di George Lonegan.
George Lonegan (Matt Damon) è un operaio di San Francisco con un dono particolare: poter parlare con i morti. Anche se il fratello lo invita a riaprire uno studio e lavorare come sensitivo, George vive male questo suo "potere" e l'unica cosa che desidera è una vita normale. Per un po' sembra funzionare con Melanie (Bryce Dallas Howard), finché lei non scopre il dono di George, gli chiede una seduta e rimane sconvolta dalle rivelazioni che George le fa a proposito del padre morto da poco. Quando George viene licenziato, decide di prendersi un periodo di "vacanza" e di girare il mondo. La sua prima tappa sarà Londra, per visitare la casa di Dickens di cui George è un grande fan.
A Londra le vite dei tre protagonisti si incontrano. Grazie all'aiuto di George, Marcus riesce a parlare con Jason il quale esorta il fratello a farsi coraggio e a vivere la propria vita. Grazie all'aiuto di Marcus, George incontra Marie con la quale inizia quella che a prima vista sembra una relazione seria.

Il film, dal punto di vista registico, è tecnicamente ben realizzato. Clint Eastwood è diventato ormai un regista più che affermato e sicuramente sa come far muovere i personaggi sulla scena, sa cosa vuole dai suoi attori e dal suo staff tecnico e lo ottiene (la sequenza dello tsunami è sublime per tecnica registica, effetti speciali e coinvolgimento emotivo). Tutto ciò, però, non basta se non si ha alle spalle una storia forte, e purtroppo in questo caso la storia forte non c'è.
Ogni spezzone di vita dei tre protagonisti è struggente, ma è troppo esile. La storia di Marcus è scritta apposta per commuovere: il padre assente, la madre drogata, i servizi sociali, il fratello morto ma che dall'Aldilà lo salva dall'esplosione della metropolitana. Bellissimo, ma troppo facile. Tanto più che a fine film non abbiamo la certezza che Marcus si sia staccato dall'idea fissa del fratello morto (anzi, vista la reazione in albergo, si presume che non abbia superato il trauma). La vicenda di Marie poi è, se possibile, ancora più vuota. Senza contare il modo in cui le tre storie si riallacciano: George è a Londra proprio quando c'è la fiera del libro e passa davanti allo stand di Marie proprio quando lei sta presentando il libro e proprio in quel momento passa Marcus che riconosce con sicurezza George benché l'abbia visto solo una volta in una foto su Internet. E in tutto ciò George, nonostante le insistenze di Marcus, nega non il fatto di trovare Marie bella o affascinante (cosa che può essere comprensibile) bensì il solo fatto di provare del vago interesse per lei.
È vero, il film non dà giudizi sulla vita oltre la morte né dà risposte che siano scientifiche o religiose, e questo è senza dubbio un pregio della pellicola e un merito dello sceneggiatore che è riuscito a scrivere una storia in cui si affronta il tema senza prendere posizioni e senza scadere nel sacro, come spesso accade. Il problema è che il film non dà niente. Non dà emozioni, se non quelle esili e immediate citate prima, che colpiscono ma non restano. Non dà spunti di riflessione sull'Aldilà: non ci sono temi su cui dibattere, non restano questioni aperte. Si esce dal cinema avendo visto un film bellissimo dal punto di vista tecnico, ma vuoto per quanto riguarda ogni aspetto emotivo. È un gioco ad incastro che crea tre storie parallele e le riallaccia nel finale, ma che non trasmette le emozioni richieste. E per un film così costruito, direi che questa è una grossa pecca.
Inoltre, ma qui forse sono davvero solo io, ho trovato fastidiosa la presenza della macchietta del cuoco italiano che insegna ad apprezzare la buona cucina con il sottofondo di arie d'opera. Sembra un personaggio uscito da una commedia americana di medio-bassa lega. Davvero fatico a capire la sua presenza in un film di questo genere e mi chiedo come abbiano fatto a convincere Eastwood ad inserirlo nelle riprese.

martedì 18 gennaio 2011

La versione di Barney (2010)


La versione di Barney
Barney's Version, Canada/Italia, 2010, colore, 132' (2h 12')
Regia di Richard J. Lewis

Visto ieri al Giotto di Trieste.

Barney Panofsky (Paul Giamatti) è un ricco produttore televisivo quasi settantenne, ebreo e alcolizzato che vive da solo dopo aver divorziato dalla sua terza moglie Miriam (Rosamund Pike). La pubblicazione di un libro che gli rinfaccia l'accusa di aver ucciso l'amico Boogie (Scott Speedman) è l'occasione per Barney di ripercorrere mentalmente tutta la sua lunga e intensa vita. Così Barney inizia a ricordare i momenti salienti della sua esistenza: il matrimonio a Roma con Clara (Rachelle Lefevre), pittrice esistenzialista morta suicida pochi giorni dopo le nozze; l'intenso rapporto con il padre poliziotto Izzy (Dustin Hoffman); l'indissolubile amicizia con Boogie; il matrimonio con "la seconda signora Panofsky" (Minnie Driver); l'incontro con Miriam proprio il giorno del matrimonio con la sua seconda moglie; la scoperta del tradimento della "seconda signora Panofsky" proprio con il suo migliore amico e l'incidente presso la casa al lago che porterà il detective O'Hearne (Mark Addy) a sospettare di Barney per l'omicidio di Boogie (pur mancando il cadavere); la successiva assoluzione da parte della polizia ma non di O'Hearne che continuerà a credere Barney colpevole; il matrimonio con Miriam, speaker radiofonica e unico vero amore di Barney, con cui avrà tre figli; il successivo tradimento di Barney e il conseguente divorzio, e infine il dover accettare e fronteggiare l'insorgere dell'Alzheimer. Alla fine, quando ormai Barney è vinto dalla malattia, viene ritrovato il corpo di Boogie e uno dei figli di Barney capisce finalmente la verità, scagionando così il padre da ogni responsabilità per la morte dell'uomo. Il film si chiude con Miriam che va al cimitero a rendere omaggio alla tomba di Barney, lasciando nello spettatore il dubbio se la donna accetterà il posto che l'ex marito le aveva riservato accanto a lui nel loculo.

Pur essendo stato un successo editoriale alla sua uscita, trovo il libro profondamente mal scritto. Ciò nonostante è estremamente interessante la scelta dell'autore, Mordecai Richler, di raccontare la vita di Barney non in modo cronologico e lineare ma lasciando che i ricordi fluiscano senza un particolare ordine dalla mente del protagonista per comporre il mosaico tassello dopo tassello. Nel film tutto questo scompare: le vicende sono sì raccontate tramite flashback, ma ognuno di essi rappresenta un intero momento della vita di Barney e la loro successione è strettamente cronologica. In questo modo il film non aggiunge niente di nuovo a molti altri film dello stesso genere che l'hanno preceduto e l'eponima "versione di Barney" sulla morte di Boogie ci viene svelata a metà film. Inoltre dal libro sono stati tagliati tutti i racconti di Barney grazie ai quali ci si poteva far un'idea di quali e quante avventure egli sia stato protagonista e quante importanti amicizie abbia avuto. Nel film sembra che Barney sia un simpatico vecchietto che, a parte ritrovarsi con tre matrimoni e un'accusa di omicidio sulle spalle, non ha combinato niente di veramente importante nella vita. Inoltre manca tutta la sagace ironia tipicamente ebraica di cui è pieno il libro e che caratterizza fortemente Barney. Tutte queste cose sminuiscono il personaggio in sé e di conseguenza l'intera pellicola. Forse Lewis avrebbe potuto osare un po' di più anziché realizzare un film così "comodo".
Ad ogni modo sono da segnalare le ottime interpretazioni di Paul Giamatti (che, non a caso, ha ottenuto il Golden Globe proprio per questo ruolo), di Dustin Hoffman e di Rosamund Pike, nonché l'ottimo lavoro del reparto trucco che ha saputo invecchiare i protagonisti per le scene ambientate nel presente con vera maestria.