domenica 23 giugno 2013

The Truman Show (1998)


The Truman Show
The Truman Show, USA, 1998, colore, 103' (1h 43')
Regia di Peter Weir

Rivisto ieri su Rai 4.

Truman Burbank (Jim Carrey) è un uomo che, da quando è nato, è sotto il diretto controllo delle telecamere, spiato in ogni secondo della sua finta vita. Infatti tutte le persone con cui Truman ha a che fare, genitori compresi, sono attori e ogni cosa si svolge in un enorme set, tutto all'insaputa dello stesso Truman che crede sia tutto reale. Nella finzione Truman abita a Seahaven, piccolo paesino situato su di un'isola. Per evitare che, crescendo, Truman avesse voglia di lasciare la città, i produttori dello show gli hanno creato un trauma quando era bambino, facendo morire il padre davanti ai suoi occhi durante una gita in barca nel bel mezzo di una tempesta.
Pian pianino, però, piccole cose fanno insinuare dei dubbi nella mente di Truman: un faretto come quelli usati per le luci in teatro che si schianta in mezzo alla strada; pioggia che cade solo su di lui e lo segue (stile "nuvola di Fantozzi"); il padre che ricompare in città come barbone e che viene portato via a forza da due persone (evidentemente membri della sicurezza del set).
Truman, spinto da questi avvenimenti, ripensa alla sua vita e ad alcuni momenti salienti, come l'incontro con Laureen (Natascha McElhone), ragazza di cui Truman si era innamorato prima di sposare sua moglie e che ha provato a rivelargli la verità sul reality show. In questo modo si spiega anche l'ossessione che Truman ha per le Isole Fiji: quando l'attore che impersonava il padre di Laureen (la quale, nel frattempo, scopriamo chiamarsi in realtà Sylvia) portò via la "figlia" per impedirle di spifferare tutto, disse a Truman che è lì che si sarebbero trasferiti.
Gli "incidenti" a Truman continuano: con l'autoradio, intercetta il walkie-talkie di un tecnico che descrive nel dettaglio i suoi movimenti; vede le quinte di una parte di set lasciato aperto; scopre che al suo matrimonio, al momento del bacio, la moglie ha incrociato le dita - tipico gesto americano di quando qualcuno non ha intenzione di onorare la promessa che sta facendo. Truman è sempre più deciso ad andarsene da Seahaven, ma non ce la fa né in aereo (tutti i voli sono al completo), né via autobus (il conducente fa fondere il motore).
Truman diventa sempre più paranoico quando scopre che i passanti che camminano davanti a casa sua sono sempre gli stessi e fanno semplicemente un anello intorno all'isolato. Deciso sempre più a fuggire, scappa in auto con la moglie Meryl (Laura Linney). Superato un ingorgo costruito ad arte, i due arrivano al ponte che collega l'isola alla terra ferma. Per passarlo, Truman chiude gli occhi e preme l'acceleratore, costringendo Meryl a manovrare il volante per non finire in acqua. Truman passa oltre un incendio (anch'esso costruito ad arte) ma viene fermato da un posto di blocco istituito a causa di alcune radiazioni nucleari (ancora una volta un trucco degli sceneggiatori). Quando, però, uno dei poliziotti lo saluta chiamandolo per nome, Truman comincia a fuggire a piedi attraverso il bosco, ma viene ben presto fermato.
Ricondotti a casa, Meryl cerca di tornare alla normalità ma, all'ennesima sfacciata pubblicità che la donna fa alla telecamera, Truman dà di matto e la minaccia con un arnese da cucina. Meryl invoca l'aiuto di qualcuno - e questo non fa altro che acuire i sospetti di Truman. Gli sceneggiatori fanno intervenire Marlon (Noah Emmerich), il migliore amico di Truman. Marlon salva la situazione, ma Meryl ha un attacco di nervi durante il quale urla di essere una professionista e di non poter più gestire la situazione, così lascia il reality. Gli sceneggiatori, per cercare di calmare Truman, fanno ritornare in vita il padre di Truman, cucendogli addosso una storia strappalacrime in cui, salvatosi dalla tempesta, ha perso la memoria e fino a quel momento non poteva tornare a Seahaven.
Tutto sembra essere stato sistemato finché un giorno Truman fugge, nascondendosi dalle telecamere. Christof (Ed Harris), il regista e creatore dell'intero show, concorda col direttore della sala di controllo (Paul Giamatti) di sospendere le trasmissioni per la prima volta in trent'anni di messa in onda continua, 24 ore su 24, e di mandare tutte le comparse a cercare Truman. Truman è su una barca a vela, in mezzo al mare: ha vinto la sua paura dell'acqua e cerca di scappare dall'isola per arrivare, in qualche modo, alle Fiji e trovare Lauren/Sylvia di cui si è addirittura fatto un ritratto tagliando parti di volti di donna dalle riviste femminili.
Christof sa che l'unico modo per fermarlo è di far scoppiare una tempesta in mezzo al mare - anche a scapito della vita di Truman, dal momento che non c'è una squadra di soccorso in zona. Truman, nonostante tutto resiste stoicamente (addirittura sfida gli autori a fare di meglio), così Christof decide di spegnere tutto e affrontare l'uomo. Truman, intanto, ha sfondato con la punta della barca a vela una delle pareti dello studio e, camminando lungo il muro, trova una scaletta e un'uscita di sicurezza, ben mimetizzate con il fondale.
Truman fa per uscire dallo studio, per la prima volta nella sua vita, ma Christof cerca di fermarlo dicendogli che quello che c'è dentro il set è vero tanto quanto quello che c'è fuori, che la sua vita è il reality e che, se attraversa quella porta, quello che ci troverà non sarà migliore di quello che ha avuto finora. Truman invece saluta tutti ed esce, per la gioia di Sylvia che si precipita ad incontrarlo nella vita vera (e, ragionevolmente, a passare il resto della vita con lui). Dopo trent'anni, il Truman Show finisce.

Io non vorrei tanto insistere con la rappresentazione e l'esasperazione del Grande Fratello (il programma Tv, non l'entità dell'orwelliano 1984, di cui questo film è sicuramente figlio) perché il film è del 1998 mentre la prima edizione del reality show è del 1999. C'è da dire, comunque, che il film è uno di quei casi più unici che rari in cui il Cinema è precursore dei tempi e vede più lontano di quanto possiamo fare noi, anticipando, seppur in grottesco, quella che è, se non la televisione di oggi, quella potenziale di domani. Faremo mai ad una persona vera quello che Christof fa a Truman? Probabilmente no, come non ideeremo mai un reality show sulla roulette russa come in Life!, ma è la plausibilità di questi format a colpire più ferocemente un certo tipo di società contemporanea.
Il film è solido, scritto bene - anche se certe scelte dei nomi (Truman - da "true man", uomo vero - o Christof - chiaro riferimento al divino) scoprono un po' troppo il fianco al didascalismo - e interpretato da un ottimo cast di attori capeggiati da Jim Carrey. A differenza di buona parte della sua carriera, qui Carrey riesce a interpretare la parte in modo efficace ma posato, rendendo bene i momenti di follia, quando ci sono, ma evitando di gigioneggiare troppo. Una bella prova d'attore per un interprete che forse meriterebbe copioni più alla sua altezza e che non sfruttino solo la sua caratteristica mimica facciale.
Il film, va detto, non è perfetto, ma ha una componente agrodolce, anche nel pur idilliaco finale, che lo rende godibile a ogni visione e che fa di lui un classico del Cinema americano.